Ricerche condotte dalla Redazione di Pizza.it:) presso la Sormani di Milano ed altre biblioteche pubbliche
per lo studio di testi storici e libri antichi.
L'ORIGINE DELLA PIZZA - IL MITO
Diverse sono le storie che narrano la nascita del piatto più conosciuto nel mondo, interpretazioni
spesso contrapposte, quasi una disputa campanilistica sull'origine ellenica, egizia, italica, o meglio
partenopea, della pizza. Per non cadere in una simile diatriba, o in falsi storici, perché non
trovare la nascita della pizza nell'origine stessa dell'uomo? E che cosa più del mito
e dei riti che ne sono conseguiti può permettere questa associazione?
Ed ecco come la pizza, il sole del Mar Mediterraneo, quell'insieme di colori e di sapori, discendente
della mitica schiacciata di farina, ha una lontanissima progenitrice divina, figlia addirittura dell'atavica
lotta del Bene contro il Male.
Nella mitologia greca l'idea di questa lotta é raffigurata nel mito di Demetra, sorella di Giove,
la Cerere dei Romani, dea del grano che personificava la forza generatrice della terra baciata dal sole
fecondatore. Demetra, il Bene, la vita, la rigogliosità delle spighe dorate, generò con Zeus
la figlia Persefone, la creatura più bella della terra, fanciulla felice e spensierata. Ma ecco
che un giorno il Male, personificato in Ade, signore del regno sotterraneo degli Inferiun dio crudele ed
impietoso, rapì Persefone mentre raccoglieva dei fiori lontano dalla madre portandola nel regno dei
morti. Per legare poi Persefone indissolubilmente a sè, Ade fece mangiare alla fanciulla un chicco
di melograno, perché chiunque fosse sceso nell'aldilà e l'avesse mangiato qualcosa non avrebbe
più potuto risalire tra i vivi.
Demetra cominciò allora a cercare la figlia per tutti i luoghi conosciuti, vagando senza mangiare
e senza bere per nove giorni e nove notti. Essendo però vana la sua ricerca la dea decise di non
ritornare più sull' Olimpo finché non avesse ritrovato la figlia, lasciando così la
terra sterile e senza vita. La vegetazione si disseccò, le messi si inaridirono, e il Male
sembrò avere vinto. Demetra infatti errava per il mondo come una mendicante, finché giunse
sconosciuta ad Eleusi in casa del re Celeo e di sua moglie Metanira il cui ultimo figlio, privo del latte
materno, era destinato ad una morte imminente. Fu allora che Demetra, per ripagare dell' ospitalità,
lasciò per un attimo il suo dolore di madre a cui avevano rapito la figlia, e si ricordò di
essere la vita, e la vita stessa è quella che ridonerà al bambino malato, con un gesto d'amore,
offrendogli il suo latte immortale. Il re Celeo e la regina Metanira costruirono allora ad Eleusi un tempio
in onore della dea Cerere-Demetra, e quel gesto di devozione fu il primo passo della vittoria del Bene sul
Male.
Zues infatti, preoccupato che senza la prosperità di Demetra fosse sovvertito l'ordine dell'universo,
cercò di far restituire Persefone alla madre attraverso un compromesso: la fanciulla sarebbe rimasta
per quattro mesi all'anno con Ade negli Inferi, e questo periodo corrisponde all' autunno e all' inverno, e
per quattro mesi con la madre Demetra nell'Olimpo, e questo è il periodo della fecondità della
terra, della primavera e dell'estate. E' con quel latte immortale che salvò la vita al bambino malato,
che trova origine nel tempio di Eleusi il culto di Cerere-Demetra e delle sue libagioni rituali. Ma in che
cosa consistevano queste libagioni?
Lo leggiamo nell'inno omerico: "...E Metanira, una coppa di vino più dolce del miele rempiuta, a lei
la porse. La Dea però la respinse: bere purpureo vino, diceva, non l' era concesso. Ma disse che
farina con acqua e frangente puleggio mescesse e a lei l'offrisse da bere. La sacra bevanda quella
apprestò, l'offrì, così come volle la Dea. La Dea veneranda l'accolse:
"fu questo il principio del rito". La bevanda dunque, costituita da farina, acqua e puleggio, un
erba aromatica (cioè l'Ocymum Basilicum) era il principio del rito, era la devozione alla
prosperità, alla rigogliosità della terra, cioè alla vita. Nel corso dei secoli senza
dubbio la bevanda, grazie a piccole variazioni nella preparazione, diventò vivanda, pur lasciando
inalterati i mitici ingredienti. Bastò aumentare la quantità di farina, trattarla,
condirla con il succo dell' olivo, esporla alla fiamma, per giungere alla pizza
che vendevano i placentari di Napoli e di Pompei. Ma questo fu solo l' inizio....