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Regione Emilia Romagna - "Grandi Salumi" del Gambero Rosso 2023



Con ben 13 denominazioni europee, veramente originarie in tutto o in parte della regione, l’Emilia Romagna non avrebbe rivali nel panorama salumiero italiano (e ci sono pure 32 PAT). Gran parte della storia della salagione delle carni suine nasce proprio nel Piacentino e nella Food Valley parmense, dove popolazioni celtiche, come i Galli Boi, ne perfezionarono l'arte anche graze al sale di Salsomaggiore.

Cosi ('Emilia e Ia regione dei più pregiati salumi "dolci” e stagionati. E anche i salami sono elaborati con ricette semplici: a grana grossa, poco speziati, con percentuali di sale e pepe contenuti nell’ottica di valorizzare, con una lunga maturazione, il gusto della carne stagionata. Ciò avviene soprattutto nelle valli appenniniche, mentre lungo il Po verso Ferrara si fa sentire l’influenza mantovana e prevalgono sentori d’aglio.

Non a caso proprio in Emilia Romagna e nella confinante Lombardia a partire dal 1873 si è sviluppato e perfezionato, con un progressivo miglioramento genetico, l'allevamento del suino pesante italiano, con incroci razze nordiche a manto rosa. Ma nel contempo, l’Emilia Romagna ha saputo tutelare due razze rustiche a manto nero, Ia mora romagnola (iscritta nel registro ANAS delle razze autoctone) e il nero di Parma (nel registro delle razze di nuova costituzione), entrambe capaci di offrire straordinari salumi soprattutto prosciutti, spalle e lardi. La provmcia di Piacenza propone tre Dop che vantano una lunga storia: Ia pancetta, il salame e soprattutto la coppa, giunta all'apice del suo successo nel 1700 quando cardinale Alberoni, ministro di Elisabetta Farnese, regina di Spagna, ne fece uno strumento diplomatico usandola come dono graditissimo ai sovrani d'Europa.

In effetti, la coppa, che con il nome di capocollo o ossocollo si fa in tutta Italia, trova nell'areale tra Pavia e Parma a (dove è Igp) gli ambienti e l’abilità atavica giusti per raggiungere Iunghe stagionature e profumi eccezionali. Se questo vale anche per Ia pancetta il salarne invece è un po' penalizzoto da un disciplinare permissivo, per cui la qualità e l'autenticità sono salvaguardate da alcuni artigiani orgogliosi della storia millenaria della salumeria del territorio, che spesso non si ovvalgono della Dop.

Lo stesso problema riguarda salame Felino Igp, molto ricercato sul mercato per Ia sua morbidezza, anche dopo la stagionatura, dovuta alla scelta del budello gentile grasso e spesso. Nel Piacentino è particolare il cappello del prete, salume da cuocere costituito dallo stinco rivoltato nella sua cotenna.

Passando nel Parmense, ecco il prosciutto crudo di Parma Dop, così famoso nel mondo che persino nella campanilistica Francia il crudo è chiamato Parma e termine jambon è riservato al cotto. E' in attesa alla UE Ia ratifica di un nuovo disciplinare che consenta un aumento delle dimensioni delle cosce per avvicinarsi a una tradizione che vorrebbe maiali di 200 chili e oltre, tradizione testimoniata dalla Consorteria della Spalla Cruda di Palasone, che prevede Ia lavorazione di zampe anteriore di suini padani pesanti dal 220 ai 250 chili.

Quest'ultima una rarità che affianca altri due prodotti straordinari della Basso Parmense, culatello di Zibello Dop e la spalla cotta di San Secondo. Se il crudo di Parma si avvale di un particolare microclima dell'area collinare, tanto vocata al prosciutto crudo che vengono stagionati qui anche prosciutti del resto d'Italia, il culatello e le spalle cruda e cotta sono uniche per la maturazione molto lenta nelle nebbie del Po (senza dimenticare del più modesto fiocchetto). Figlio del culatello e il vero strolghino, salame con diametro di soli 3 cm fatto con le rifilature del culatello stesso.

Un altro tipico salame nell'area da Piacenza a Reggio è la mariola, di pezzatura grossa e di impasto fine, arricchito con aglio e vino bianco, insaccata nell'intestino cieco suino; ne esistono due varianti: cruda da fetta, stagionata fino a un anno, e da pentola tipo cotechino, pronta dopo una breve stagionatura.

Nel Reggiano, oltre a culatte, culatelli e fiocchetti simili a quelli parmigiani, si trovano salami (il fiorettino e quelli di Canossa e Castelnuovo) che si avvicinano alla tradizione toscana, ovvero con i lardelli e piuttosto pepati.

II Modenese, dove viene prodotto il prosciutto crudo di Modena Dop, simile al Parma, è il baricentro dei salumi da cuocere, con lo zampone e il cotechino che si avvalgono della Igp, anche in questo caso tutelati da un disciplinare piuttosto permissivo.

A Bologna incontriamo una denominazione "mitica, la mortadella di Bologna Igp, storico salume cotto di grandi dimensiponi a base di carni suine anche povere, macinate finissime e con oggiunta di lardelli: il pregio stà soprattutto nel profumo, che deve essere intenso ma con sentori naturali ed equilibrati.

Nel Ferrarese il salame classico è la zia, ricco di aglio e di ampio spessore, ma il salume più importante e Ia salama da sugo Igp, insaccata nella vescica con un impasto di carni miste (presenti anche un po' di lingua e fegato), arricchito da pepe e tanto vino (spesso spezie e brandy): va cotta a lungo e mangiata con il cucchiaio (in dosi omeopatiche). Va inoltre citato un cotechino particolare, il belecot di Russi, nel Ravennate, confezionato con la carne muscolosa di maiale e cotenna.

In Romagna, oltre ai classici salami e tagli interi, sono diffuse salsiccine secche e sambudelli (simili ai mazzafegati umbri), fatti con i tagli paveri del suino e frattaglie. Infine, in tutta la e regione sono diffusi i ciccioli e le salamelle da cuocere.






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